Quando la guerra in Siria si è portata via mia moglie, ho capito che non potevo più rimanere e che dovevo, a tutti i costi, provare a dare a nostra figlia Miriam la speranza di una vita migliore. Miriam oggi ha dieci anni, ma ne aveva solamente due quando abbiamo abbandonato la nostra casa e quel che restava della nostra vecchia vita.
Alessandro non è stata la prima persona di Caritas Diocesana Trieste che abbiamo incontrato, ma sicuramente è quella che più di chiunque altro ci ha aiutati nel corso dei mesi. Le prime settimane in Italia sono state tutto tranne che facili: non sapevo dove andare, cosa fare, con chi parlare o come avrei potuto fare per fare una vita decente a mia figlia in un paese dove a stento riuscivo a farmi capire.
In un qualche modo, però, Alessandro ha capito. Ci ha capiti e, soprattutto, ci ha fatto capire che potevamo fidarci lui, che voleva e poteva davvero aiutarci a ricominciare. È stato lui a seguire tutte le pratiche per la richiesta di asilo, spiegandoci tutto con parole semplici e trovando modo di gestione il mio sconforto quando l’attesa e le difficoltà sembravano essere troppo grandi. Ha fatto da intermediario con le autorità, ci ha aiutato a trovare una sistemazione e ci ha messo in contatto con altre famiglie di rifugiati. Ha fatto in modo che non ci sentissimo mai soli o abbandonati, in un momento di grande paura, nostalgia e incertezza.
Oggi, a distanza di otto anni, Miriam frequenta la scuola e io ho trovato un lavoro. Lavoro soprattutto la notte e non è facile essere un padre presente, ma quando guardo mia figlia che mi corre incontro ridendo tutta la fatica improvvisamente ha un senso e so di aver fatto la cosa giusta. So anche che niente di questo sarebbe stato possibile senza la gentilezza, la pazienza e le competenze di Alessandro e di tutte le altre persone che ci hanno aiutati. E per questo sono infinitamente grato.