Area Accoglienza

Caritas Diocesana Trieste accoglie, ascolta e accompagna le persone in difficoltà verso un futuro migliore.
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Caritas Diocesana Trieste
Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono. Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri.

– Don Andrea Gallo

Storie di speranza e di persone

Dietro i numeri, i dati e i servizi ci sono le storie delle persone che hanno trovato o portato speranza grazie a Caritas Diocesana Trieste.
Caritas Diocesana Trieste
La storia di
Amara, 34 anni
In Italia da aprile 2021
Sono nata a Niono, in Mali.
I miei genitori sono morti quando ero una bambina, sono cresciuta in casa di mia zia e quando è morta anche lei ho deciso che non sarei rimasta lì, ad aspettare di morire anche io. Il viaggio per arrivare in Italia è stato lungo, difficile e pericoloso. Quando sono arrivata a Trieste ero spaventata, esausta e senza più speranze.
Ho conosciuto Marco al Dormitorio Sant’Anastasio. Non capivo l’italiano e nessuno a parte lui parlava un po’ di francese, così è rimasto con me mentre cenavo e mi ha fatto compagnia, raccontandomi della Bora che urlava fuori dalle finestre. Gli ho detto che avevo freddo, lui ha sorriso e si è scusato ed è corso via. Ho pensato che fosse andato via, che fosse stufo di stare vicino a una sconosciuta arrivata dall’altro capo del mondo con cui era difficile parlare e che avesse voglia di tornare a casa, di stare con la sua famiglia. Quando poi è tornato con una coperta per me, ho pianto.
È stato Marco a spiegarmi cosa è Caritas Diocesana Trieste e che altre persone come lui avrebbero potuto aiutarmi non solo ad avere un posto dove dormire e un pasto caldo da mangiare, ma anche a ricostruire una vita e trovare un posto nel mondo dove sentirmi finalmente a casa. Quando ci siamo salutati, per la prima volta dopo mesi ho avuto la sensazione che forse, da qualche parte, un po’ di speranza ci fosse ancora.
Caritas Diocesana Trieste
La storia di
Marco, 33 anni
Volontario di Caritas Diocesana Trieste
Quando posso vado sempre a dare una mano al Dormitorio Sant’Anastasio, che trattandosi di un luogo di accoglienza notturno si concilia bene con i miei orari di lavoro. È un posto incredibile, un crocevia di persone e storie che a volte ti spezzano il cuore.
Di Amara ricordo lo sguardo basso e le spalle curve mentre mangiava e di come mi sentissi stupidamente in imbarazzo per la lentezza con cui le parlavo in francese dopo anni dall’ultima volta che ci avevo provato. C’era una gran bora, quella sera, e non so per quale motivo mi era sembrato importantissimo raccontarle della differenza tra bora chiara e bora scura. Quando mi ha interrotto dicendomi di avere freddo, mi sono sentito così sciocco da non poter fare altro che scusarmi e scappare a prenderle una coperta. Non credevo che poi si sarebbe messa a piangere, ecco…!
So che il giorno successivo è stata accolta dai servizi sociali di Caritas Diocesana Trieste, che le hanno dato assistenza specifica e le sono stati vicini mentre piano piano iniziava il suo percorso di reinserimento. Trieste non è una città facile, ma mi hanno raccontato che Amara e il suo caratterino le hanno tenuto testa, per così dire. Credo che adesso stia facendo un tirocinio finalizzato all’inserimento lavorativo e che stia andando molto bene.
Mi è capitato di incrociarla qualche volta per strada, in città. Non so se si ricordi di me, però quando ho visto che aveva lo sguardo alto e la schiena ben dritta sono stato davvero contento per lei e mi sono ricordato, una volta di più, perché sia così importante donare qualche ora del mio tempo per aiutare chi non ha le mie stesse fortune.

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