Quando posso vado sempre a dare una mano al Dormitorio Sant’Anastasio, che trattandosi di un luogo di accoglienza notturno si concilia bene con i miei orari di lavoro. È un posto incredibile, un crocevia di persone e storie che a volte ti spezzano il cuore.
Di Amara ricordo lo sguardo basso e le spalle curve mentre mangiava e di come mi sentissi stupidamente in imbarazzo per la lentezza con cui le parlavo in francese dopo anni dall’ultima volta che ci avevo provato. C’era una gran bora, quella sera, e non so per quale motivo mi era sembrato importantissimo raccontarle della differenza tra bora chiara e bora scura. Quando mi ha interrotto dicendomi di avere freddo, mi sono sentito così sciocco da non poter fare altro che scusarmi e scappare a prenderle una coperta. Non credevo che poi si sarebbe messa a piangere, ecco…!
So che il giorno successivo è stata accolta dai servizi sociali di Caritas Diocesana Trieste, che le hanno dato assistenza specifica e le sono stati vicini mentre piano piano iniziava il suo percorso di reinserimento. Trieste non è una città facile, ma mi hanno raccontato che Amara e il suo caratterino le hanno tenuto testa, per così dire. Credo che adesso stia facendo un tirocinio finalizzato all’inserimento lavorativo e che stia andando molto bene.
Mi è capitato di incrociarla qualche volta per strada, in città. Non so se si ricordi di me, però quando ho visto che aveva lo sguardo alto e la schiena ben dritta sono stato davvero contento per lei e mi sono ricordato, una volta di più, perché sia così importante donare qualche ora del mio tempo per aiutare chi non ha le mie stesse fortune.